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Sapori e parole in armonia autunnale: le lezioni di una serata indimenticabile

Aggiornamento: 29 set

🎃 Il primo soffio d’autunno già percorreva la città quando siamo entrati nella sala. La luce delle candele si rifletteva dorata nei colori caldi delle decorazioni, e le tavole ci attendevano come se fosse stata la natura stessa a imbandirle. Le sfumature delle foglie, i toni morbidi dei tessuti e i piccoli dettagli raccontavano che la gastronomia non si compie soltanto nei sapori, ma anche nello sguardo e nell’atmosfera.


L’apertura ludica della serata è stata affidata a piccole ciotole di sfoglie croccanti di verdure d’autunno, dai colori intensi e dai profumi avvolgenti, accompagnate da salse uniche. Non erano semplici bocconi, ma messaggi: già dal primo istante la cena ci parlava e ci invitava al dialogo.

Così anche le parole hanno trovato il loro spazio accanto ai sapori. L’intervento di Giovanna Chiappini Carpena è stato come un preludio lirico: parlava dello stare insieme, dell’armonia, di quell’eredità culturale che ogni convivio custodisce. Non era la solennità a commuovere, ma quel tono intimo con cui ha svelato il senso della serata: il cibo, la parola e il tempo condiviso che insieme creano armonia.

Il Simposiarca, Paolo Spada, ha accompagnato la cena con pensieri che intrecciavano ogni portata a una riflessione, toccando non solo le papille gustative, ma anche l’anima.


I fichi settembrini con guanciale croccante e robiola ricordavano la dolcezza dell’estate al tramonto. L’uva, il gorgonzola e le noci portavano già il senso di abbondanza autunnale, in un gioco delicato di dolce e salato. I piccoli tartufini al sugo d’arrosto racchiudevano l’intimità delle cucine domestiche in un assaggio.


La vellutata di crostacei univa in un solo cucchiaio il mare e il bosco, profumata da porcini e tartufo nero. I ravioli al rosso di Langa, accompagnati da pere caramellate e noci, aprivano le sfumature agrodolci dell’autunno, mentre il prosciutto di Parma dava una nota sapida di contrasto.


Lo stinco di vitello rappresentò l’apice della serata: frutto di una lunga e paziente cottura. Qui lo chef Rosario Simeoli ha preso la parola per la prima volta, mostrando con un piccolo gesto scenico quanto fosse tenera la carne: la forchetta vi affondava senza resistenza. Questa è la magia della lunga cottura: non solo sapore, ma anche intimità e calore. Era facile immaginare quelle cucine italiane da cui, per ore, si diffonde il profumo, donando calore alla casa e alla conversazione. Come ha detto anche Giovanna: in questi piatti la pazienza e l’attenzione diventano gusto.


Le verdure cotte insieme alla carne erano simboliche: contorno e al tempo stesso specchio dei suoi aromi. È il segreto della cucina domestica italiana: parsimonia e arte insieme. Nulla si spreca, tutto entra in armonia.

Con il dessert Rosario è intervenuto una seconda volta, e forse ancor più chiaramente ha mostrato la genialità della gastronomia italiana. Una sola mela cotogna e un solo melograno sono bastati per due dolci, mentre il gelato è nato dalle bucce, dagli scarti della frutta, trasformati in delizia. Da ingredienti minimi, quasi nulla, è scaturita la festa.

È questo che personalmente mi fa amare così tanto la cucina italiana: la capacità di creare dal poco, dal quasi nulla. Non è solo ricetta, ma un modo di pensare: creatività e valorizzazione dell’ingrediente.



La lezione della serata è stata forse proprio questa: l’armonia non dipende dall’abbondanza del menù. Anche una semplice cena di due portate a casa può essere un autentico momento di convivialità, se i colori, i sapori e le parole si bilanciano. La chiave è nell’attenzione: nel rispetto che doniamo al cibo, agli ingredienti e alla compagnia, con la conversazione che diventa parte integrante della cena. E l’insegnamento che resta è questo: che il nutrimento più profondo nasce dall’incontro fra cibo e dialogo. 


La conviviale di settembre non è stata solo una cena, ma un messaggio che resta. Ci ha ricordato che la gastronomia è parte dell’arte di vivere: così come i sapori, anche le parole e i momenti condivisi possono essere messi in armonia – perché, in fondo, il tempo trascorso insieme e la piacevole conversazione attorno alla tavola sono l’essenza stessa della convivialità italiana.







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